Post Covid-19. Le aziende non vogliono ripartire con il piede sbagliato di Mario Gasbarrino

È fuori discussione che le aziende si siano scoperte fragili di fronte a questo evento eccezionale. Da un momento all’altro si sono dovute adeguare alla situazione. C’è chi ha continuato a lavorare per assicurare i rifornimenti alimentari alle comunità evitando così pericolose tensioni sociali e chi ha dovuto fermarsi improvvisamente.

Tra questi ultimi la convinzione che la ripresa per loro sarà una scommessa è una convinzione molto diffusa. Per molti, addirittura, non ci sarà alcuna possibilità di riprendere. Al capezzale di questa situazione diversi soggetti hanno interagito e stanno interagendo con le istituzioni nazionali e locali.

L’impressione che se ne ricava e che più che a far ripartire la macchina ciascuno si preoccupi più  di far prevalere la propria ricetta non preoccupandosi della sua digeribilità per un sistema sociale ed economico che esce pesantemente provato da questa fase.

Il rischio vero è che si parta con il piede sbagliato. Gli imprenditori vogliono rimettere in moto la macchina il più velocemente possibile. Soprattutto perché far ripartire  la vita delle aziende oggi è il solo modo per salvaguardarne il futuro e il lavoro collegato.  Quindi l’economia del Paese. Non già per una pur legittima esigenza di profitto peraltro oggi non facilmente realizzabile.

Che lo si voglia ammettere o meno oggi il Paese è diviso in due. La maggioranza (circa il 65%) è, a vario titolo e per il momento, ascrivibile ai garantiti (pensionati, dipendenti pubblici, lavoratori di aziende aperte, ecc.) mentre l’altra parte (circa il 35%) appartiene a chi questa crisi la sta subendo in pieno (liberi professionisti, piccoli imprenditori, popolo delle partite iva, baristi, ristoratori, barbieri, parrucchieri , tassisti, etc.) e senza sconti.

Non bisogna essere preveggenti per capire che, perdurando questa situazione di lockdown e di stop and go nel tempo il 65% è destinato a comprimersi ulteriormente. Le associazioni di categoria sono state prese anch’esse in contropiede e faticano a riconoscersi in una visione unitaria. Siamo in emergenza. Le risorse, per quanto straordinarie e da qualsiasi parte provengano, non basteranno mai.

Bisogna metterle a disposizione di quel 35% che non ha nessuna possibilità di sopravvivere e servono a fondo perduto. Alle  aziende serve uno Stato che non metta i bastoni fra le ruote, le aiuti finanziariamente con prestiti a lungo termine, che abbia la volontà, per un periodo limitato, di introdurre meccanismi che facilitino il lavoro e non alimentino il lavoro nero come, ad esempio in agricoltura, ripristinando i voucher e magari allargandone l’utilizzo in tutti quei campi dove si devono gestire  emergenze.

Dalle baby sitter (visto che le scuole rimangono chiuse) a tutte quelle attività di servizio alle persone. Servono deroghe sui contratti di lavoro tipo quelli che nella GDO consentono la partenza di nuovi insediamenti per un periodo congruo con lo scopo di salvaguardare l’occupazione al massimo possibile. Servono sistemi incentivanti flessibili e defiscalizzati all’interno di un contesto collaborativo come peraltro questi mesi si è dimostrato possibile. Serve rimettere in moto il sistema economico e sociale. Quindi serve meno burocrazia.

Alla retorica imperante del “ce la faremo” e “andrà tutto bene” e alle pacche sulle spalle a chi non si è tirato indietro rischiando in proprio è necessario dare uno sbocco concreto. L’Italia del doguerra è rinata con il lavoro. Serve coraggio, non possiamo permetterci di aspettare che il virus muoia né che tutte le regioni raggiungono lo stesso punto di base per ripartire.

A marzo i consumi elettrici dimostrano una realtà inoppugnabile: Italia -27 % , Spagna -10 %, Germania -4%. Questi sono i numeri.  E non mi sembra che i dati sul fronte  sanitario ci vedano messi meglio di questi due Paesi, anzi.

La situazione è veramente pesante. Troppe parole rischiano di addormentarci e renderci più brusco il risveglio. Dobbiamo rimettere in moto il Paese prima che sia troppo tardi.

7 risposte a “Post Covid-19. Le aziende non vogliono ripartire con il piede sbagliato di Mario Gasbarrino”

  1. Se due persone che si confrontano hanno ambedue le mascherine efficienti e indossano i guanti , qual è là percentuale di rischio contagio? Se il rischio è vicino allo zero allora il grande problema del ritorno al lavoro è solo una questione di mascherine e di educazione al rispetto delle regole o di controlli con pene esemplari per chi non le rispetta. Capitolo a parte sarebbe comunque il turismo per il quale ci vorranno provvedimenti eccezionali. Anche a fondo perduto, per lungo tempo.

  2. Al popolo dei baristi e dei ristoratori per esempio , non serve dare prestiti (che non potranno mai restituirti xche quello che hanno perso non lo recupereranno mai ) ma soldi a fondo perduto ( x rimanere in vita sperando di poter riaprire )
    Ed inoltre non puoi dire : in un autobus di 40 mq ci possono stare 16 persone ed in un bar si entra uno x volta : la gente non capisce , non c è logica, e se quelli che non capiscono hanno anche fame o paura per il futuro :Occhio

  3. Concordo con Mario.

    Da molte parti si sente dire “… Vi saranno nuovi scenari e nuovi equilibri di mercato”, ma occorre considerare che proprio per poter permettere alle persone ed alle imprese di cercare i loro nuovi spazi di mercato e continuità ai prodotti/servizi per la quantità richiesta, occorre che possano essere attivi.
    Dovremo certamente tutti porre la massima attenzione alla salute, in modo vicendevole e proattivo, e sappiamo che probabilmente si potranno affrontare nuovi periodi di ulteriore restrizione.
    Occorre quindi che ciascuno in queste settimane, oltre a riavviare produzione e commercio per quanto possibile, lavori sia sulla probabile evoluzione della domanda di mercato, che sulla sua fragilità, studiando in anticipo quanto sia possibile fare per reagire a eventuali prossimi “lockdown” o l’apparire di nuove forme di criticità e rischi, per rendere la propria attività o impresa più resiliente.

  4. Estremamente valido il ragionamento. Aggiungo solo due considerazioni personali.
    Se gli imprenditori italiani torneranno ad aver voglia di scommettere sul futuro del nostro paese e le banche torneranno a fare il proprio mestiere ce la faremo.
    Quella meravigliosa macchina, che è la laboriosa e instancabile Italia, che non a caso i padri costituenti hanno definito nel primo articolo, deve rimettersi in moto con sensibilità democratica e l’altruismo che la contraddistingue nei momenti di difficoltà.
    Tornando all’inizio, chi può faccia il proprio dovere :
    Chi può pagare paghi;
    Chi può sospendere un affitto lo faccia;
    Chi può investire investa;
    Chi investiva si sforzi di continuare a farlo;
    Chi viaggiava solo all’estero torni a riscoprire il nostro bel paese;
    Chi può donare doni ;
    Chi può assuma una persona in più anche se “non necessario” .
    Infine, che tutto questo brutto periodo ci lasci un grande insegnamento…. Quale ?… Ognuno lo decida per sé !

  5. Sono molto contento di vedere qui due commenti che condivido. Il primo è il fatto di indossare tutti le mascherine, anche se chirurgiche. Lo avevo già espresso i primi di marzo ai miei colleghi che dicevano: la mascherina non servono a niente. Infatti abbiamo visto “non indossarle” cosa ha prodotto. Quasi 30.000 morti.
    Il secondo commento che ho già condiviso e’ che in fase di ripartenza e crisi economica in atto, chi può non richieda aiuti pubblici, ma assumi una persona accontentandosi di un margine inferiore in questi momenti. Altrimenti la crudeltà del capitalismo provocherà un distanziamento sociale ancora maggiore da quello richiesto per legge che potrebbe sfociare in proteste o suicidi per mancanza di futuro e impotenza nell’aiutare i propri figli.

  6. Poiché mi sono L accorto di aver volato alto , alla pillola nr 1 ne aggiungo altre 3, per chiarire meglio il mio pensiero :
    Pillola nr 2 : se c è la frutta che marcisce sui campi e bisogna decidere subito servono soluzioni pratiche , veloci ed efficaci : ripristinare i vaucher ( e chiunque si mette di traverso su questa soluzione non vuole risolvere il problema , ed il governo deve decidere ) . Idem x i vaucher x le baby sitter : se le scuole chiudono e le persone devono tornare al lavoro i bambini chi li tiene ? E se dai dei contributi come le paghi le persone , in nero ??? Questo è il problema : no vaucher = si nero !!! Pragmatismo please .
    Pillola nr 3 : non è ancora finita L emergenze e già ho sentito qualcuno del sindacato dire : dobbiamo normare e scrivere un contratto per lo Smartworking !! No ragazzi , siamo in un periodo postbellico ( non capisco perché non si può fare L esempio della guerra ) , dobbiamo ricostruire il paese , dobbiamo rimboccarci le maniche , non è il momento delle regole , è il momento del lavoro . quelli che hanno il lavoro devono sentirsi dei privilegiati rispetto a chi non ce L ha , ma non per sfruttarli , ma perché questo è il momento non di dividerci ma di unirci . D altronde così come hanno ridotto le ns libertà personali ( è consentito , non è non consentito ) serve Una tregua !!!!!! Fra due anni guardiamo quello che abbiamo nel cestino e vediamo se possiamo dividerci qualcosa .
    Pillola nr 4 : sento troppa retorica in giro , a cominciare dalle conferenze stampa lunghe e noiose del ns primo ministro, ma anche dalle decine e decine di pagine a pagamento sui ns quotidiani pieni di inutile retoriche autocelelebrative : andrà tutto bene , c’è la faremo , noi siamo ..,, No non andrà tutto bene , per andare tutto bene dobbiamo parlare di meno e fare di più !!! Tutti !!!

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